Deduzioni che causano perdite miliardarie – Intervista

Deduzioni che causano perdite miliardarie – Intervista

Ecco la mia intervista con il Corriere del Ticino sulla riforma fiscale III, che verrà sottoposta al voto popolare il 12 febbraio.

Perché questa riforma è da respingere?
«Perché è squilibrata e abolisce dei privilegi sostituendoli con altri e con deduzioni fiscali che avvantaggeranno soprattutto le grandi aziende e i loro azionisti. Si va molto più in là di quanto aveva proposto il Consiglio federale. Si permette un trattamento diverso degli utili conseguiti all’estero da quelli realizzati in Svizzera. Strumenti come l’imposta sull’utile con deduzione degli interessi e le deduzioni fiscali legate alle spese a favore della ricerca e dello sviluppo possono essere utilizzati dalle grandi aziende per pagare meno imposte. Inoltre si è rinunciato ad avere un minimo di contropartita finanziaria, non imponendo obbligatoriamente i dividendi al 70%. Una disparità di trattamento iniqua anche rispetto ai cittadini-contribuenti. Un esempio calcolato per la città di Losanna spiega concretamente tutto ciò: un’impresa con un utile netto di un milione pagherà solo 15.000 franchi di imposte, tanto quanto una coppia con un reddito imponibile di 80.000 franchi».

I privilegi fiscali verrebbero abbandonati. Non dovreste essere favorevoli?
«Che queste regole speciali vadano abolite è fuori discussione. Gli statuti fiscali sono stati criticati dall’UE e dall’OCSE, poiché prevedono a livello cantonale ampi vantaggi fiscali sui ricavi prodotti all’estero. Ma non si possono sostituire questi privilegi con altre deduzioni che faranno mancare almeno 2,7 miliardi agli enti pubblici».

Fautori e contrari prevedono catastrofi a dipendenza del risultato. I vostri timori non sono esagerati?
«Siamo molto preoccupati per il buco miliardario che si creerà nelle finanze pubbliche e che causerà nuovi risparmi e un aumento delle imposte per il ceto medio per compensare le mancate entrate. Alla Confederazione mancheranno 1,3 miliardi di franchi, ai Cantoni e soprattutto ai Comuni almeno 1,4 miliardi, a dipendenza di come i Cantoni applicheranno la riforma. Ricordo che la Confederazione sta già approntando un pacchetto di risparmio, che prevede ad esempio tagli ai sussidi per la riduzione dei premi cassa malati».

L’attuale sistema andrebbe comunque adeguato dal 2019. Non fare nulla non rischia di essere ancora peggio?
«Votare no non significa non fare niente. Si ripartirà da quanto proposto inizialmente dal Consiglio federale per predisporre una riforma equilibrata, che non provochi perdite nelle casse pubbliche e che sia controfinanziata dalle grandi imprese che fanno utili importanti e dai loro azionisti. Una riforma in linea con gli standard internazionali, più trasparente e che non svuoterà le casse pubbliche, troverà un’ampia accettazione».

Se vincesse il no, quanto tempo occorrerebbe per un nuovo progetto? Maurer dice quattro anni.
«Maurer vuole spaventare la popolazione per spingerla a votare a favore della riforma. A far paura dovrebbero essere invece le perdite miliardarie che essa causerà. Non si ripartirà da zero e non ci vorranno 4 anni: le proposte del Governo sono sul tavolo e in commissione gli approfondimenti ci sono stati. Con un no una riforma equilibrata potrà quindi entrare in vigore entro il 2019».

Dite che il ceto medio pagherà il conto. E se dovesse pagarlo ancora più salato un domani per l’indebolimento della piazza economica?
«Se lo Stato ha meno risorse per combattere la precarietà e la povertà, aumentano le tensioni sociali e questo è uno dei fattori più importanti che porta all’indebolimento della piazza economica. Basta con il solito ritornello secondo il quale se non si riducono le imposte le imprese se ne vanno. Google ha annunciato recentemente di voler ampliarsi a Zurigo. E benché l’imposizione fiscale per le persone giuridiche sia più alta che nel Canton Zugo, Zurigo mantiene la sede di molte aziende, banche e assicurazioni».

Perché sostenete che con il no non ci saranno delocalizzazioni, perdite di gettito e di posti di lavoro?
«Le imposte non sono l’unico fattore di localizzazione per un’impresa. Fattori più importanti sono la presenza di infrastrutture pubbliche, la formazione, la presenza di scuole universitarie innovative, la sicurezza e la stabilità. Su questi aspetti il nostro Paese ha moltissimo da offrire, ma deve poter avere i mezzi anche in futuro per finanziare questi servizi. Se passerà la riforma le perdite di gettito saranno miliardarie».

Come credete che si possa salvaguardare la competitività fiscale elvetica senza adeguate contromisure all’abolizione degli statuti speciali?
«Se confrontate con quelle di altri Paesi le imposte per le imprese in Svizzera sono già ora concorrenziali. Molte piccole-medie aziende ancorate sul territorio approfitteranno poco o nulla della riforma perché i loro utili sono marginali. Non abbiamo bisogno di imprese che fanno dumping, bensì di aziende che creano posti di lavoro ad alto valore aggiunto e occupazione duratura. Per queste ultime è importante avere lavoratrici e lavoratori qualificati. Così com’è importante rafforzare la coesione sociale, evitando ad esempio che i giovani abbiano lavori precari e i lavoratori anziani siano espulsi dal mondo del lavoro. Un tessuto sociale stabile è interessante per le aziende ben più che la leva fiscale, altrimenti ci si dovrebbe chiedere perché molte di esse non si insediano negli Emirati Arabi dove le imposte sono estremamente basse».

Trump ha già detto che intende rimpatriare certe società USA imposte all’estero. Non vi preoccupa questa prospettiva?
«Trump sta puntando su protezionismo e nazionalismo. Il prezzo sociale che la sua politica causerà potrebbe essere molto alto ed è tutt’altro che scontato che la sua politica rafforzi l’economia americana».

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