vittime di misure coercitive – Marina Carobbio Guscetti https://marinacarobbio.ch Benvenuti, Herzlich Willkommen, Bienvenue Thu, 11 Oct 2018 17:13:18 +0000 it-IT hourly 1 https://marinacarobbio.ch/wp-content/uploads/sites/4/2017/05/cropped-logo-PS-32x32.png vittime di misure coercitive – Marina Carobbio Guscetti https://marinacarobbio.ch 32 32 Oltre le mura, manteniamo il legame con i giovani https://marinacarobbio.ch/2018/10/11/oltre-le-mura-manteniamo-il-legame-con-i-giovani/ https://marinacarobbio.ch/2018/10/11/oltre-le-mura-manteniamo-il-legame-con-i-giovani/#respond Thu, 11 Oct 2018 17:12:31 +0000 https://marinacarobbio.ch/?p=3000 Ecco il mio intervento che ho potuto tenere al Convegno della fondazione Amilcare: Egregi signori, gentili signore È un onore poter essere qui oggi e...

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Ecco il mio intervento che ho potuto tenere al Convegno della fondazione Amilcare:

Egregi signori, gentili signore

È un onore poter essere qui oggi e poter intervenire oggi introducendo il convegno di questa importante Fondazione. Due giorni di congresso -con ospiti locali, nazionali e internazionali, con la presenza dei giovani stessi- che xi permettono di trattare con un a visione molto ampia un tema importante quello dei diritti dei minori e della loro protezione.

Ieri era la giornata mondiale della salute mentale. La sofferenza psichica è un tema che ci riguarda tutti, parlarne  però è ancora spesso tabù. Ad esserne toccati direttamente o indirettamente, ad esempio a causa di un famigliare che soffre di un problema psichico, sono spesso anche dei giovani o dei bambini.  Ben venga quindi la campagna che è stata lanciata da Promozione Salute Svizzera in collaborazione con i Cantoni con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione. Una campagna che metterà giustamente l’accento anche sull’importanza del benessere mentale dei giovani. Parlare dei diritti dei giovani vuol dire ascoltarli. Vuol dire renderli partecipi alle scelte che li riguardano direttamente oggi ma che potranno riguardarli anche domani. Saranno loro infatti che determineranno la società del futuro.  Vuol dire anche dir loro che abbiamo il dovere di non lasciarli soli, siano essi nati o che vivono qui, siano essi giovani e minori che arrivano nel nostro paese in fuga da loro.

Come persona attiva in politica è mio compito ascoltare i giovani, confrontarmi con loro, capire i loro bisogni, cercare assieme a loro e voi che siete attivi in settori e politiche a favore della gioventù di dare delle risposte alle loro domande e alle loro necessità.

Presente e futuro della società non possono però prescindere da quanto avvenuto in un passato più meno recente.  Uno dei capitoli più bui della storia recente del nostro Paese è senza dubbio quello degli internamenti coatti. Fino all’inizio degli anni ottanta bambini considerati “disagiati” venivano strappati dai genitori e rinchiusi in istituto. Alcuni venivano da famiglie molto povere, oppure erano figli di madri sole o orfani, ma anche semplicemente di divorziati. Altri venivano da famiglie cosiddette normali, ma avevano un carattere considerato “difficile”. Avevano insomma profili molto diversi, ma il destino era lo stesso: venivano messi in istituto, condannati a crescere senza affetti, lontani dalle famiglie, a volte castigati e picchiati senza che avessero colpe.

Io stessa ho incontrato alcune di queste persone che hanno subito tali misure coercitive e le cui infanzie e vite sono state rubate. Ho sentito e letto le loro testimonianze. Proprio perché non basta leggere i documenti  di quegli anni bui, ho ascoltato quello che hanno da dire direttamente queste persone, perché si deve dar voce a coloro che, purtroppo, questo capitolo della nostra storia l’hanno vissuto sulla loro pelle. Sono persone le quali sono state stigmatizzate e umiliate per anni e su cui pesa ancora oggi quello che hanno passato. Negli ultimi anni il bisogno di una rielaborazione collettiva è diventato sempre più chiaro nell’opinione pubblica: si tratta di rielaborare il passato per guardare a un futuro capace di rispettare tutte quelle persone che vivono situazioni difficili, di povertà e di isolamento e che non possono essere private dei loro diritti. È un atto importante, al quale non possiamo sottrarci come società.

Due anni fa il Parlamento ha quindi approvato il controprogetto all’iniziativa per la riparazione, riconoscendo gli errori del passato e creando un fondo di solidarietà per le vittime. Una decisione che mi ha reso fiera del nostro paese, imperfetto senza dubbio, ma capace di ammettere le proprie colpe.

Non basta però rielaborare il passato e cercare di rimarginare le ferite, ma è fondamentale impedire che qualcosa di simile possa accadere di nuovo. È qui che entra in gioco il prezioso lavoro di fondazioni come la Fondazione Amilcare, che si occupa da quasi vent’anni della promozione e della tutela dei diritti fondamentali degli adolescenti. La vostra missione dell’accoglienza e della reintegrazione nel tessuto sociale di adolescenti che, per una moltitudine di ragioni, si trovano in un momento di difficoltà è un faro di speranza per i diretti interessati e le loro famiglie. Il vostro lavoro va riconosciuto e sostenuto. Con il vostro operato date la possibilità concreta di poter costruire un progetto di vita: per parafrase il titolo del convegno, non abbiamo bisogno di mura, di isolamento, ma di legami. Non dobbiamo parlare dei problemi di questi giovani, ma con loro.

Grazie mille per il vostro importante lavoro, per l’opportunità che ci date oggi e domani di essere qui a sviluppare, approfondire proposte, concetti e idee, nell’interesse delle giovani generazioni e di noi tutti.

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Iniziativa Riparazione https://marinacarobbio.ch/2016/04/27/iniziativa-riparazione/ https://marinacarobbio.ch/2016/04/27/iniziativa-riparazione/#respond Wed, 27 Apr 2016 16:13:43 +0000 http://marinacarobbio.ch/?p=1392 Riparazione a favore dei bambini che hanno subito collocamenti e delle vittime di misure coercitive a scopo assistenziale, intervento in Consiglio nazionale 26.4.2016. La rielaborazione...

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Riparazione a favore dei bambini che hanno subito collocamenti e delle vittime di misure coercitive a scopo assistenziale, intervento in Consiglio nazionale 26.4.2016.

La rielaborazione integrale di un triste capitolo della nostra storia arriva tardi, ma è comunque un passo fondamentale e dovuto nei confronti di coloro che ne sono stati vittime, ma anche per evitare che in futuro situazioni simili possano ripetersi.

Dopo che il governo ha chiesto scusa alle vittime di misure coercitive a scopo assistenziale per i gravi torti subiti, è iniziata un importante processo di rielaborazione di questo triste capitolo del nostro passato che ha visto numerosi bambini, giovani e adulti prima del 1981 collocati a servizio in aziende commerciali o agricole ed in istituti oppure internati sulla base di decisioni amministrative in stabilimenti chiusi e talvolta addirittura in penitenziari. Si tratta di persone private dei loro diritti, alcune delle quali hanno subito sterilizzazioni o adozioni forzate, mentre su altre persone sono stati testati dei medicamenti.

Le misure coercitive erano disposte perché i bambini provenivano da famiglie povere o erano magari figli illegittimi, perché la situazione familiare era precaria oppure perché i ragazzi e le ragazze erano considerati difficili, magari ribelli. Come conferma il Consiglio federale nel suo messaggio, in Svizzera sono decine di migliaia i bambini e i giovani, alcuni soltanto perché appartenenti a famiglie nomadi, le vittime di questi collocamenti.

Solo in seguito alla ratifica della Convenzione europea dei diritti umani, nel 1981, la Svizzera rinuncia all’internamento coatto di bambini e adulti, al collocamento extra-famigliare di minorenni, alle sterilizzazioni e agli aborti forzati, alla violazione dei diritti riproduttivi.

Ho incontrato alcune di queste persone che hanno subito queste misure coercitive e che sono state collocate in istituti e le cui infanzie e vite sono state rubate. Ho sentito e letto le loro testimonianze. Proprio perché non basta leggere i documenti – che sono apparsi negli archivi – di quegli anni bui, ho ascoltato quello che hanno da dire queste persone, perché si deve dar voce a coloro che, purtroppo, questo capitolo della nostra storia l’hanno vissuto. Sono persone le quali sono state stigmatizzate e umiliate per anni e su di loro pesa ancora oggi quello che hanno passato. È un capitolo triste della nostra storia che merita il riconoscimento delle ingiustizie inflitte. Si tratta di rielaborare il passato per guardare anche a un futuro capace di rispettare tutte quelle persone che vivono situazioni difficili, di povertà e di isolamento e che non possono essere private dei loro diritti. È un atto importante, al quale non possiamo sottrarci.

Certo, dando seguito a quanto chiede l’iniziativa che trova risposta di fatto nel controprogetto indiretto, non si risaneranno del tutto le ferite che molte persone hanno subito. Ma questo è il minimo che si può fare per ridare loro dignità e far sì che fatti simili non accadano mai più. È un dovere che abbiamo, come società e come politica, quello di affrontare questi capitoli bui del nostro passato. Si tratta di un lavoro di elaborazione collettiva necessario nei confronti di chi soffre ancora oggi. Ci vuole una valutazione scientifica, l’accesso agli archivi ma anche un risarcimento finanziario con un contributo di solidarietà, così come richiesto dai promotori dell’iniziativa e proposto poi nel controprogetto.

Una persona vittima di misure coercitive, che ha vissuto un collocamento – che ha pesato anche nel percorso successivo della sua vita e della vita dei suoi figli – ha detto che elaborare e raccontare quanto vissuto, serve anche a migliorare il presente.

Ecco perché sostengo le richieste dell’iniziativa e le risposte che il controprogetto indiretto dà – ciò permetterà di elaborare rapidamente questo triste e buio passato.

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